La reazione del prezzo del petrolio all'incertezza mondiale
Aspettative di domanda debole riaggiustano il prezzo verso il basso
Pubblicato da Claudia Ranocchia. .
Energetici Analisi settimanale Petrolio
La settimana passata si è assistito ad un ribasso delle quotazioni del Brent e del WTI rispetto a due settimane fa. Venerdì esse hanno chiuso a 64 e a 58 dollari al barile, registrando una diminuzione rispettivamente del -1% e del -2%.
Martedì 2 luglio c’è stato un calo significativo del prezzo del petrolio spinto dal clima d’incertezza e dagli effetti che il rallentamento globale sta avendo sull’attività economica.
Nel corso della settimana poi il prezzo ha registrato un parziale recupero, sostenuto dalle tensioni tra Iran e la Gran Bretagna. Giovedì 4 luglio la British Royal Marines ha fermato nello stretto di Gibilterra una nave iraniana con l’accusa di trasportare petrolio in Siria, violando così le sanzioni dell’UE contro il regime siriano1. L’Iran ha risposto affermando che la Gran Bretagna non può applicare le misure restrittive dell'UE a paesi terzi e ha minacciato la Gran Bretagna di sequestrare una nave britannica “avendone tutto il diritto” (fonte CNN).
Al G20 di Osaka il colloquio tra Cina e USA è stato positivo, i due paesi hanno deciso di riprendere le trattative anche se le notizie più recenti raccontano che l’amministrazione cinese ha chiesto di eliminare tutti i dazi sulle esportazioni cinesi, come condizione fondamentale per riprendere i negoziati. Morgan Stanley sostiene che la tregua tra Cina e USA non sarà sufficiente per rimuovere il clima d’incertezza mondiale (fonte Bloomberg).
Gli effetti del clima d’incertezza e del rallentamento dell’economia globale sono stati significativi nel mese di giugno. Uno strumento per misurare l’andamento dell’attività economica è il Purchase Manufactuing Managers’ Index (PMI) - disponibile tra gli indicatori congiuturali al tool PricePedia-. Il PMI per la Cina registra una caduta del -1.6%, quello per l’Europa una lievissima diminuzione del -0.2% mentre quello USA registra un esiguo aumento del +0.2%. Ma quello che è più importante, il livello dell'indice risulta inferiore alla soglia di stabilità (50) sia per l'Europa che per la Cina; quello americano è solo leggermente superiore (51).
L'effetto che questo indice produce sul mercato del petrolio è stato confermato dalla pubblicazione dei dati di giugno a cui è subito seguita una caduta significativa sia del Brent che del WTI: in una sola giornata il loro valore è sceso rispettivamente del -5% (-2.8 dollari) e il -4% (-2.7 dollari).
Ne deriva che la settimana passata gli effetti della politica di rinnovo dei tagli dell’OPEC non sono riusciti a controbilanciare le preoccupazioni per il rallentamento dell’economia globale.
Uno sguardo sul primo round della politica di taglio dell’OPEC
Come già descritto la settimana scorsa, l’OPEC+ ha esteso la politica di taglio della produzione fino a marzo 2020, l’obiettivo è una riduzione totale di 1.2 milioni di barili al giorno, circa l'1.2% della produzione totale mondiale.
I grafici che seguono riportano la produzione di greggio dei paesi dell’OPEC+ nell’ultimo trimestre 2018 e i primi due del 20192 (fonte EIA e OPEC). Nel grafico di sinistra è riportata la produzione giornaliera di greggio dei paesi dell’OPEC, escludendo Iran, Libia e Venezuala poiché la riduzione della produzione non è volontaria quanto deriva da cause di forza maggiore. Nel grafico di destra è riportata la produzione giornaliera dei paesi alleati3. I dati sono riportati in indice (2018-Q4=100) per facilitare l’analisi e per questioni di scala del grafico.
Produzione paesi OPEC
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Produzione paesi alleati dell'OPEC
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Nel mese di maggio 2019 l’OPEC+ aveva già raggiunto l’obiettivo di tagli alla produzione pari a -1.2 milioni di barili al giorno. Dal primo grafico emerge chiaramente che non tutti i paesi dell’OPEC hanno ridotto in maniera consistente la produzione. In totale, la variazione cumulata dall’ultimo trimestre 2018 al secondo 2019 è pari al -4%. I paesi che maggiormente si sono fatti carico delle restrizioni sono: Arabia Saudita (-8%), Angola (-9%) e il Kuwait (-3%). E' chiaro che la riduzione applicata dall’Arabia Saudita non ha lo stesso peso di quella dei restanti paesi. L’Arabia Saudita ha volumi elevati: della produzione totale OPEC del 2018, l’Arabia Saudita ha una quota che si avvicina al 40%, mentre il Kuwait 10% e Angola 5%.
Per quanto riguarda i paesi alleati, questi hanno ridotto la produzione di solo il -2%. I paesi che maggiormente hanno attuato i tagli sono il Kazakistan (-4.7%), Malesia (-4.4%), Brunei (-4.3%) e Azerbaijan (-4%). La Russia e il Messico, che sono i paesi con volumi più consistenti, hanno ridotto la produzione solo del -2% e del -1%.
In altre parole, il raggiungimento dell'obiettivo di riduzione della produzione dell'OPEC+ è gravato in larga parte sulle spalle dell'Arabia Saudita, delineando sempre più il suo ruolo fondamentale nella definzione e attuazione delle strategie dell'offerta mondiale di petrolio.
(1) L’UE ha imposto delle restrizioni contro il regime di Assad fino a Giugno 2020. Tra le misure restrittive ha bandito le spedizioni di petrolio in Siria dal 2011.
(2) Il mese di giugno 2019 è stimato.
(3) Dal grafico sono stati eliminati Congo, Gabon, ed Guinea Equadoriale poiché i volumi sono molto bassi.