Per questa settimana l’OPEC+ è riuscita a sostenere il prezzo del petrolio
Le reazione del prezzo del petrolio durante il vertice dell’OPEC+ di Vienna
Pubblicato da Claudia Ranocchia. .
Analisi settimanale PetrolioCon una produzione statunitense un po’ alle strette e le aspettative, poi concretizzatesi, di nuovi tagli alla produzione da parte dell’OPEC+, il prezzo del petrolio ha recuperato sul ribasso di due settimane fa. Venerdì 06 dicembre il Brent ha chiuso la settimana a 64.5 dollari al barile (+4 dollari), il WTI a 59 (+4) e l’Oman/Dubai a 60 (+0.6).
Grafico 1: Andamento prezzo del petrolio |
---|
I rialzi più importanti sono stati quelli di mercoledì e venerdì dovuti a:
- una riduzione delle scorte americane. Mercoledì il rapporto settimanale dell’Energy Information Administration ha riportato un nuovo calo delle scorte di greggio statunitense, il più forte da settembre;
- le decisioni maturate al vertice dell'OPEC+. Una notizia più di tutte ha fatto schizzare le quotazioni. L’Arabia Saudita ha dichiarato che sarebbe disposta a ridurre ulteriormente la propria produzione se e solo se le decisioni prese nei due giorni di vertice verranno effettivamente rispettate.
Il 5 e il 6 di dicembre si è tenuto l’ultimo vertice OPEC+ del 2019, il primo giorno si sono incontrati solo i membri dell’OPEC mentre al secondo tavolo hanno partecipato anche gli alleati. La prossima data d’incontro è prevista per marzo 2020, una tappa intermedia e di controllo rispetto al vertice effettivo del prossimo giugno. Come atteso il cartello ha inasprito le politiche restrittive alla produzione. Sono stati incrementati i tagli attuali di 500mila barili arrivando ad una riduzione giornaliera di 1.7 milioni di barili, che corrisponde circa al 1.7% della produzione globale di greggio. I tagli inizieranno nel primo trimestre 2020. Inoltre dalle politiche sono stati esclusi: Iran, Libia e Venezuela.
Il punto della situazione
Nel complesso da inizio gennaio l’OPEC+ è riuscita a rispettare gli impegni presi nello scorso vertice, tagliando la produzione di 1.2 milioni di barili al giorno.
Non tutti i paesi hanno ridotto la produzione in maniera volontaria, oltre ad Iran e Venezuela colpiti dalle sanzioni statunitensi, altri paesi quali Angola, Azerbaijan e Messico hanno ridotto la produzione involontariamente poiché non in grado di sostenerla (fonte Bloomberg).
In linea generale, i tagli sono stati sostanzialmente sostenuti dall’Arabia Saudita che ha pompato solo 9.8 milioni di barili al giorno, al di sotto della soglia prestabilita di 10.4 milioni di barili.
Il principato sembra voler dare il buon esempio, nell’ultimo vertice ha infatti promesso di poter attuare ulteriori tagli a partire dal 2020 se e solo se tutti rispetteranno gli impegni presi collettivamente. Il monito è rivolto principalmente a Iraq e Nigeria, i paesi che hanno incrementato la produzione invece di ridurla. I due però hanno dichiarato di impegnarsi seriamente nel rispettare l’accordo (le loro quote non sono variate rispetto al vecchio target).
Le quote sono state redistribuite in modo equo, comportando in media per ciascuno una riduzione relativa superiore al 4% sul totale della produzione. Chi influirà maggiormente nella riduzione dell’output finale in termini di quantità assolute sono Arabia Saudita, Iraq, Emirati Arabi Uniti e Kuwait.
Infine la Russia ha ottenuto ciò che voleva. All’alba del vertice Mosca aveva esplicitato l’esigenza di escludere i condensati di petrolio1 dalla computazione delle quote da assegnare. E’ stata accolta. La richiesta proviene dal fatto che Novak, il ministro dell’energia russo, sostiene che il recente incremento della produzione di questo idrocarburo ha fatto sì che la Russia non abbia rispettato gli impegni presi nello scorso vertice.
(1) I condensati sono una tipologia di petrolio molto leggera, che viene estratta dalla produzione di gas naturale.