La quotazione del minerale di ferro è in flessione ma non crolla
La ripresa cinese delle attività sostiene la domanda mondiale di minerale di ferro
Pubblicato da Matteo Cavallo. .
Ferrosi Determinanti dei prezziLa quotazione mensile in dollari del minerale di ferro spot scambiato al CME, benchmark internazionale per questa commodity, è in flessione rispetto a gennaio 2020 ma non è crollata: è passata dai 94 dollari per tonnellata di inizio anno agli 84 dollari di aprile, con una variazione negativa del -10,6% cumulata in 3 mesi.
Quotazione Minerale di Ferro spot (CME) |
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Nel 2019 il minerale di ferro era in "stato di grazia" (di cui si era già discusso in un precedente articolo). Una domanda rinvigorita dagli investimenti cinesi e vari shock nell’estrazione di minerale brasiliano e australiano avevano infatti accresciuto il suo valore sui mercati internazionali, facendo passare la sua quotazione dai 74 dollari di gennaio ai 91 di dicembre (+23%), con un picco di luglio a 120 dollari.
Nonostante la flessione il prezzo del minerale di ferro non ha raggiunto il livello “critico” del 2016 come invece accaduto nel corso dell’attuale pandemia ad altre commoditiy, come l’alluminio, di cui si è discusso nello scorso articolo. Ad impedire il crollo secondo quanto riportato da Bloomberg nell’articolo “As Oil Crashes, Iron Ore's Still Rocking” ci sarebbe ancora una volta la Cina e il suo piano di ripartenza degli investimenti. La domanda cinese infatti sarebbe in grado di sopperire a quella del resto del mondo che è invece ancora alle prese col contrasto al virus. Secondo Bloomberg infatti il settore maggiormente colpito è quello dell’automotive che ridurrà la domanda annuale di minerale di ferro (impiegato come feedstock principale dell’acciaio) del 10% negli USA e del 15% in Europa. Anche per l’australiana BHP Billiton la riduzione della domanda internazionale sarà a doppia cifra, incalzata anche dalla difficoltà dei trasporti. Il covid non ha colpito tutti i produttori di minerale di ferro equamente, come invece ad esempio ha fatto per il rame. Mentre sulla produzione brasiliana gravano ancora i disastri nelle miniere di Brumadinho a cui si è unita una cattiva gestione della pandemia, le operazioni nelle miniere di Pilbara (Australia occidentale) sono proseguite regolarmente, con la BHP che ha aumentato la produzione del 3% nei nove mesi scorsi fino a marzo; anche il gigante Rio Tinto ha dichiarato un aumento della produzione e spedizione nel primo trimestre rispetto ad un anno fa.
Il destino degli impiegati in questa industry è strettamente collegato alle decisioni di investimento del governo di Pechino, la cui domanda è considerata anche da Bloomberg più solida rispetto all’offerta brasiliana. Il consumo cinese di minerale di ferro rappresenta circa il 70% di quello trasportato via mare a livello mondiale con un import di 1,1 miliardi di tonnellate l’anno contro i 100 milioni dell’Europa. Da ciò ne risulta che finché la Cina produrrà acciaio assorbendo il deficit produttivo delle restanti acciaierie internazionali, la quotazione rimarrà su livelli superiori a quelli del 2016.