Il petrolio conferma il rientro sui livelli di marzo
Nonostante la lieve incertezza di inizio settimana, il greggio torna prossimo ai 50 dollari al barile
Pubblicato da Claudia Ranocchia. .
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Venerdì il greggio ha chiuso in rialzo rispetto a due settimane fa, confermando la serie di aumenti consecutivi delle ultime settimane. Inoltre, dopo il riallineamento della quotazione spot e future già segnalato nell’ultimo articolo, il mercato del petrolio è in backwardation dopo mesi di contango. In una situazione di backwardation la quotazione spot si attesta su un livello superiore a quella future e si verifica in presenza di una domanda massiva di un determinato asset, implicando la possibilità di una significativa riduzione dell’offerta.
La settimana quindi si conclude con il Brent a 49.3 dollari al barile (+1.1$), il WTI a 46.3 (+0.7$) e l’Oman/Dubai a 48.2 (+0.5$). Il greggio non toccava questi livelli dall’inizio di marzo, quando il Brent nell’arco di tre giorni ha perso fino 14 dollari passando da 50 a 36 dollari al barile.
Grafico 1: Andamento prezzo del petrolio |
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La rapida ripresa è dovuta all’ondata di ottimismo per una prossima somministrazione del vaccino anti-Covid in Europa e negli USA, benché sia fondamentale una distribuzione globale per debellare il virus ed evitare l’aggravarsi di una crisi mondiale economica, sociale e umanitaria.
La scorsa settimana il Regno Unito ha annunciato che nei prossimi giorni inizierà la campagna di vaccinazione, distribuendo il vaccino statunitense-tedesco Pfizer-Biotech; già nel weekend appena trascorso in Russia è cominciata, invece, la somministrazione del russo Sputnik per le fasce della popolazione più esposte, come i lavoratori del settore sanitario e sociale.
L’ottimismo per una probabile prossima uscita dalla pandemia ha influenzato anche il vertice dell’OPEC+ della scorsa settimana.
Dopo essersi interrogati sulla convenienza di una politica altamente restrittiva, in relazione alla rapida risposta del prezzo del petrolio agli annunci sui vaccini anti-Covid19, i paesi esportatori hanno optato per un leggero allentamento delle politiche restrittive: da gennaio i tagli passeranno da 7.7 a 7.2 milioni di barili al giorno. La decisione è arrivata dopo qualche giorno di tentennamento, che ha causato infatti un rallentamento rispetto alla precedente chiusura; dopodiché il petrolio è tornato in rialzo, guadagnando in due giorni circa un dollaro e mezzo. Il cartello si attende che i tagli perdureranno fino a marzo.
Nel prossimo periodo l’OPEC+ si riunirà con frequenza mensile così da monitorare costantemente il mercato e aggiustare eventualmente l’offerta. Il cartello si aspetta di coprire le correnti perdite il prossimo anno.
Intanto la scorsa settimana Saudi Aramco ha annunciato un aumento per gennaio del prezzo di 0.30 centesimi rispetto al benchmark dell’Oman/Dubai per il petrolio in consegna sull’Asia.
A causa dell’incertezza nei giorni del vertice, il valore del petrolio è caduto rispetto alla precedente chiusura, ma con un’intensità nettamente inferiore se paragonata alle cadute del prezzo provocate dalla flessione della domanda. È pertanto la domanda a guidare l’andamento del mercato; gli shock sull’offerta sembrano avere un impatto più contenuto sul prezzo.
Nel medio periodo i produttori di petrolio potrebbero dover affrontare un nuovo problema: una ripresa o meno della produzione venezuelana ed iraniana. La questione dipende dalla linea di politica estera che adotterà il presidente eletto Biden.
Nella giornata di ieri, il partito di Nicolas Maduro ha vinto le elezioni parlamentari in Venezuela, spodestando l’attuale presidente dell'Assemblea Nazionale Juan Guaidò, sostenuto dal blocco occidentale (USA e Europa). Guaidò ha gridato alla frode, dichiarando che il partito chiavista ha truccato le elezioni. Il paese comunque continua ad attraversare una profonda crisi umanitaria ed economica, in conseguenza dell’instabilità politica, dell’iperinflazione e delle sanzioni americane sulle esportazioni di greggio – introito principale del paese.
Nello scenario geopolitico il Venezuela di Maduro ha però dei sostenitori: dopo Russia e Cina, anche l’India si appresta a dare appoggio al paese e riprendere le importazioni dal paese sudamericano, dopo averle interrotte in seguito alle sanzioni introdotte dal presidente americano Trump nel 2017. Prima delle sanzioni, l’India era uno dei principali acquirenti del petrolio venezuelano.
Il futuro del paese come esportatore di petrolio dipenderà comunque dalla linea estera di Biden, ovvero dalla conferma o l'eliminazione delle attuali sanzioni applicate dall’amministrazione Trump, volte a destabilizzare il governo di Maduro.