Metalli non ferrosi: cosa si profila all’orizzonte?

Settimanale metalli non ferrosi LME - Commento del 25 ottobre 2021

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LME Non Ferrosi Analisi settimanale LME

DINAMICA SETTIMANALE

Andamento non ferrosi

 

La quotazione dell’indice LMEX è scesa a 4496 $. L’indicatore di momentum che misura la forza del trend in atto è in zona neutra e in ribasso. La chiusura settimanale è a cavallo delle medie mobili a 10, 20 e 40 giorni. Nel complesso ne deriva un’indicazione ribassista per il breve termine. Occhi puntati come sempre sulla Cina e sulle varie strozzature nella supply chain globale. Sul comparto dei metalli impatta il caro energia e i blackout energetici, che nell’ultima settimana hanno portato a fermi produttivi in Europa, Cina e Americhe.

COMMENTO MACROECONOMICO E PROSPETTIVE

Alcune notizie, la scorsa settimana, hanno avuto un certo impatto su trend e volatilità dei prezzi delle materie prime, a cominciare dai metalli non ferrosi quotati all’LME. Guardando i prezzi del rame, per esempio, si nota che Doctor Copper è passato da 10452 $/ton a 9810: –6.1% in meno di 24 ore. Anche l’alluminio ha registrato un ribasso, ancora più consistente: il future a tre mesi è passato da 3229 a 2856 $/ton (–11.5% in 24 ore). Questo tasso di volatilità così elevato complica l’attività delle aziende.

Inoltre, da qualche settimana all’LME persiste il problema dello spread tra prezzi a termine (il cui benchmark è il future a tre mesi) e i prezzi a pronti (cash), che presentano differenziali molto ampi tra bid e ask. Le autorità della Borsa di Londra sono intervenute per calmierare i differenziali di spread molto ampi.

Va sottolineato che sui metalli non ferrosi quotati all’LME sta prevalendo la backwardation (che comporta prezzi cash più alti di quelli a termine – mercato inverso). Nei magazzini LME le scorte di metallo sono piuttosto basse e tutto ciò conferma le tensioni che ci sono sui prezzi (specie su quelli a pronti), a causa della scarsa offerta di metallo. Infatti, secondo il World Bureau Metal Statistics, i mercati del rame e dell’alluminio sono in deficit.

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Com’è noto, i metalli non ferrosi trovano applicazioni in numerosi settori economici di primaria importanza, come automotive e costruzioni, settori che, proprio nei giorni scorsi, hanno fatto i conti con notizie non proprio positive. Per quanto riguarda il comparto automotive, i dati complessivi del 2021 evidenziano un calo delle vendite e un aumento dei veicoli elettrici. Un altro grosso punto interrogativo, che grava su questo settore, è costituito dalla disponibilità di semiconduttori. Secondo Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica), la crisi del silicio (che sta già provocando il fermo impianti di tante fabbriche in tutto il mondo) continuerà anche nel 2022, con una coda fino al 2023.

Nelle costruzioni, invece, il trend è positivo, ma pesa l’incognita Evergrande. A ciò si aggiunge il rischio inflazione, che continua a salire un po’ ovunque, spinta proprio dai rincari delle materie prime e dei semilavorati. A peggiorare l’umore degli operatori, infine, sono arrivate le notizie sui contagi, che sono in risalita in Europa, ma anche in Stati Uniti e Cina.

A quanto pare l’accantonamento delle restrizioni non giova al contenimento dei contagi. Su questo tema, il Fondo Monetario Internazionale ha lanciato l’alert relativo all’Africa Subsahariana, dove il basso tasso di vaccinazione rischia di compromettere la già fragile ripresa economica.

Chiudiamo con la Cina, il driver principale delle materie prime, i cui dati economici più recenti, diffusi nei giorni scorsi, evidenziano una brusca frenata del PIL, passato dal +7.9% del secondo trimestre al +4.9% del terzo. In calo anche la produzione industriale, cresciuta a settembre solo del 3.1%. La frenata cinese e il rialzo dell’inflazione a livello mondiale fanno salire il tasso di incertezza sulla ripresa economica a livello globale e questo dovrebbe frenare il rialzo delle materie prime, come evidenziano rame e alluminio nel comparto dei metalli.